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Battesimo Polinesiano

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o avuto il mio “battesimo” polinesiano da parte di un gruppo di amici. Diciamola tutta la storia.
Sono stato invitato da una famiglia polinesiana al “battesimo” della loro Va’a No’o (piroga per la pesca al tonno in oceano). Ciò accadeva nel dicembre del 2001. La barca era stata dipinta con un bel colore ocra e, sul giardinetto (lato dx o sx  a poppa della barca), campeggiava il nome di battesimo scritto in blù marino: Tahitoa. Tahitoa è colui che viaggia lontano senza paura. Un bellissimo nome per una barca destinata a pescare i tonni al largo. La barca era stata ornata di collane di fiori di tiarè e a bordo v’erano, impettiti, due tamaroa (maschietti) con il loro gonnellino di foglie di pandano e la corona di felce. I due maschietti rappresentano la continuità nell’uso della barca: gli eredi della barca e del lavoro dei genitori. Anche il sacerdote era vestito con un gonnellino di foglie di pandano e palma da cocco, come pure i bicipiti delle gambe e delle braccia. La corona era formata da un intreccio di Metuapuaa (una pianta medicinale che assomiglia alla felce ma con una serie di spore vellutate all’esterno) e nelle due mani stringe le immancabili foglie di Ti. Il Ti è una delle piante sacre nella tradizione polinesiana, nessuna cerimonia potrà essere celebrata senza le foglie di Ti e, ancor oggi, non c’è farè (casa) polinesiano che non sia circondato da piante di Ti: scaccia gli spiriti maligni. Su questa pianta ci sono molte leggende ma, ciò mi porterebbe lontano da quanto stavo raccontando.
Il sacerdote dunque... un vero sacerdote mah’oi, iniziato da suo padre a celebrare le cerimonie nella tradizione e nello spirito di questa cultura.
Le donne più anziane aiutate da un mahu (un ragazzo effeminato, presente di frequente in molte famiglie) preparano il Maa Tahiti (il pranzo a base di specialità polinesiane). Già si sentono gli echi dei pahu (tamburi) e delle ukulele ( piccole chitarre a quattro corde) , la musica prende forma e con essa la struggente armonia delle danze polinesiane. Ho visto danzare delle vahinè di 16 anni, delle metua vahinè (le mamme) e delle Ru’au vahinè  di 70 anni:  Seguendone le flessuosità e l’armonia dei movimenti non c’era quasi differenza in quanto a sensualità!
L’ Arì (il sacerdote) alza le mani al cielo facendo tremolare le foglie di Ti. Le danze si interrompono e i tamburi tacciono. Inizia a parlare, vorrei tanto comprendere la storia che ha iniziato a raccontare... Mi è impossibile. Il tono diventa sempre più alto, quasi irritato, brandeggia le foglie di Ti come fossero spade. E’ rivolto verso la barca e di tanto in tanto fa dei passi repentini nella sua direzione... poi torna indietro e ho come l’impressione che stia imprecando. Il padrone di casa mi spiega velocemente che è il momento culminante della cerimonia: stà cacciando via i Tupapau (i fantasmi, gli spiriti maligni). L’Ari fa segno che è tutto a posto, gli spiriti maligni sono oramai lontani e la barca può prendere il mare. Simbolicamente, due vahinè scendono in mare e spingono la barca verso il largo. La cerimonia mah’oi si è conclusa e, come in tutte le culture del mondo: si festeggia a tavola.
In questa occasione, a tavola, ascoltando in sintesi la mia storia e da dove venivo, il sacerdote ha deciso di darmi un nome polinesiano, un battesimo con rito abbreviato.
Il nome? Non si è sforzato molto: Tahitoa, colui che viaggia lontano. Semplice no?